Il teatro dell'apparenza
Ogni scatto di questa serie nasce dal mio desiderio di catturare l’anima effimera del Carnevale dei Figli di Bocco, non come evento, ma come esperienza sensoriale e simbolica. Mi sono immerso tra le maschere, lasciandomi guidare dal movimento, dalla luce e dall’ombra, cercando di restituire non ciò che si vede, ma ciò che si percepisce. Non volevo semplicemente documentare: volevo evocare. Le figure che appaiono sfocate, distorte, quasi evanescenti, sono frammenti di sogno, incarnazioni di un’identità che si dissolve e si reinventa.
Ho scelto di lavorare con la **fotomotografia**, una tecnica che sfrutta il mosso intenzionale e la sovrapposizione per creare immagini che non congelano l’istante, ma lo trasformano in racconto. Il movimento diventa linguaggio, la sfocatura diventa emozione. I costumi sontuosi, i copricapi barocchi, le piume e i velluti non sono più dettagli da osservare, ma pennellate in un quadro astratto, dove il tempo sembra sospeso e la realtà si fa liquida.
In questo carnevale, non si guarda: si contempla. Non si riconosce: si immagina. Ogni volto è una storia, ogni gesto una metamorfosi. La fotomotografia mi ha permesso di superare il limite della rappresentazione, per entrare nel territorio dell’evocazione. Questa serie è il mio omaggio all’incanto, alla teatralità e alla bellezza nascosta dietro ogni maschera. È un viaggio visivo nell’altrove, dove l’identità si frammenta e si ricompone in una danza di luce e memoria.

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