Soglie speculari
Visita alla città dell'arte di Biella
Con la fotocamera ho disposto punti di vista, stabilito distanze e prodotto relazioni: ogni specchio che ho catturato, ogni cornice che ho scelto, ogni figura in movimento che ho lasciato sfuocare sono esiti di decisioni etiche sul cosa mostrare e come mostrarlo. Non ho semplicemente ripreso un’installazione o un’architettura: ho provato a vedere attraverso il mio corpo e le mie scelte compositive.
In un tempo segnato dalla crisi dell’etica — dove valori condivisi si disgregano e le cornici interpretative diventano fragili — fotografare per me è un atto pedagogico. Scattare non è cercare soltanto la forma o la bellezza; è interrogare le condizioni della rappresentazione: chi viene reso visibile, chi resta ai margini, quali gerarchie vengono naturalizzate da un’inquadratura. Ho usato specchi, telai e insegne come strumenti per rivelare queste cornici e per chiedere chi le ha costruite.
La mia pratica privilegia il movimento e la relazione. Le immagini nascono nel transito: cammino, provo angoli, mi fermo, riparto. Il corpo diventa metodologia e misura: ogni passo è un dispositivo conoscitivo che mette alla prova le mie assunzioni e riorienta il senso della scena. Non sono fotografie di oggetti conclusi ma istantanee di un processo, esercizi per allenare uno sguardo che sappia misurarsi con la propria posizione nel quadro.
Assumo la responsabilità di chi fa immagini: so che ciò che restituisco può rafforzare narrazioni comode o aprire spazi di critica. Per questo frammento, sovrappongo, occulto e rimonto la scena per costringere chi guarda a ricomporre e a posizionarsi. Le mie fotografie vogliono essere strumenti di visibilità consapevole: mostrano senza nascondere i dispositivi che producono visione e sollecitano pratiche collettive di responsabilità.
Infine, lavoro sulla temporalità: l’incontro tra superfici consumate e dispositivi contemporanei è per me una metafora della memoria etica. Non cerco restauri di certezze perdute, ma apro cantieri visivi dove il passato convive con il presente e diventa materia su cui interrogare il convivere. Le mie immagini sono domande operative rivolte a chi osserva: praticate con me un vedere che sia misurabile, rendicontabile e capace di trasformare.

You may also like

Back to Top